Quali prospettive per lo Spettacolo

Intervento di Francesca Rossini, Componente del Consiglio Superiore dello Spettacolo per ANCI Nazionale

Ho provato anche io a cercare una chiave di lettura unica e che fosse più aderente possibile alla realtà, ma non ho potuto fare a meno di interrogarmi sulla materia in via prioritaria dal punto di vista dei Comuni, che vivono da anni con tagli importanti di bilancio e dunque nel settore dello spettacolo cercano di convogliare principalmente buona parte delle risorse sulle realtà stabili quali ad esempio le fondazioni liriche sinfoniche, i teatri stabili e secondariamente con minori risorse prevedono bandi a sostegno dei progetti degli altri operatori.

Il resto del mondo diffuso e poco conosciuto, anche extra Fus, lo si sostiene con dei regolamenti e relativi bandi specifici, ove i comuni se ne siano dotati. I comuni si sono trovati nelle condizioni di poter svolgere, quindi, quella che è la loro funzione principale in base alla sussidiarietà verticale, ovvero fare nascere e decollare le imprese culturali, secondo cercare di armonizzare gli interventi con quelli statali e regionali. Manca però una dimensione d’insieme nazionale di queste realtà composta da soggetti Fus e extra Fus. Il Ministro, sostenendo direttamente per la prima volta il mondo dell’Extra FUS con una mossa a dir poco geniale che va ben oltre il valore del primario impatto sociale, ci ha dato la possibilità di conoscere una mappatura che noi prima non avevamo, se non parziale, per tener vive le moltissime straordinarie  professionalità. Questa esperienza del Covid ci ha fatto, quindi, conoscere un mondo confuso che sembrava appannaggio solo dei Comuni, ma così non è e non può essere dati i tagli di bilancio comunali. Cosa ne sarà di questo mondo? Non possiamo da subito prevederlo, ma ora è emerso e sappiamo che esiste. Anche i Comuni che non si sono ancora attrezzati devono cercare di sfruttare questa occasione data dal Ministro di conoscenza del variegato mondo dei soggetti Extra FUS. La soluzione non sarà far passare i soggetti da Extra FUS a FUS sic et simpliciter, ma questo mondo va approfondito. Altra questione emersa dall’esperienza del Covid è quella della condizione dei lavoratori. Nel nostro Consiglio Superiore dello Spettacolo esiste un team che si sta occupando di questo aspetto e l’esperienza Covid nella sua drammaticità sta facendo emergere tutte le falle presenti in tema di mancanza parziale o per alcuni istituti totale dei relativi ammortizzatori sociali.

E’ giunta l’ora di realizzare lo statuto dei lavoratori dello spettacolo adeguandoci alle prescrizioni delle UE del 2007, non è più rinviabile, che si collega d’altra parte a quel mondo sconosciuto che il Ministro ha fatto emergere. La fragilità dello spettacolo è venuta a galla come una macchia di petrolio nel mare. Il salto che il Ministero ha dovuto fare in pochi mesi è stato quello che doveva essere fatto in anni per colmare le zone grigie di tanti lavoratori rimasti orfani della propria dignità in poche settimane da Marzo in poi. L’altro aspetto che il Covid ci ha fatto conoscere è sicuramente la grande varietà del mondo dei luoghi dello spettacolo privati, non solo quindi quelli pubblici. Gli interventi sono stati strategici nel sostenere l’emergenza di quei luoghi piccoli e medi lasciati a se stessi, tanti esercizi teatrali che avevano e hanno l’esigenza di sostenere l’emergenza economica. Altro tema? Il sostegno alla domanda, un tema impellente già in era pre-Covid. La promozione del pubblico è una cosa, la formazione del pubblico è altro e bisogna farla, come si fa nei paesi del Nord Europa, dall’infanzia. Il codice dello spettacolo cita ben tre volte la parola infanzia, ha nel suo DNA la necessità di formare il pubblico dall’infanzia, come avviene all’estero, ma come avviene anche a Martina Franca con un festival, il festival della Valle d’Itria, in cui i bambini dall’età di 5/6 anni sono immersi nel mondo della lirica, nel destrutturare un’opera e ricostruirla. D’altronde, un festival è un’operazione che dà lavoro e fa formazione durante tutto l’anno. La formazione è un grande campo di battaglia, così come la promozione, ma la 18 App non basta come strumento perché il sostegno alla domanda non è solo promozione ma soprattutto a mio parere formazione del pubblico. Come la 18App per la promozione diretta, servono progetti medio grandi di sistema anche nella formazione che non può essere lasciata alla libera iniziativa di soli operatori e scuole. Dobbiamo soprattutto investire nei giovani, pensare anche agli studenti universitari e ai più piccolini per sostenere la domanda. Bisogna fare tesoro dei temi che ci suggerisce l’emergenza e metterli a sistema, il tema della formazione del pubblico è il più importante di tutti, ci insegna ancor più in questa fase che bisogna cercare di riavvicinare e avvicinare il pubblico ai luoghi dello spettacolo perché è lì che facciamo conoscere il bello. Come strumento non bastano i partenariati, dobbiamo ispirarci ad esempio all’esperienza dell’Inghilterra dove nelle scuole esiste obbligatoriamente il “drama Teacher” che accompagna i ragazzi dall’infanzia dalla scrittura di un testo teatrale o cinematografico fino alla realizzazione. Perché non provarci anche noi con enti che sistematizzano queste esperienze? Non possiamo lasciarle alla volontà degli operatori, servono enti che facciano da mediatori tra MiC, Miur e operatori.

Infine il Recovery Fund? A cosa serve? Mi auguro non serva solo a sostenere le infrastrutture tecnologiche, fondamentali per l’inclusione, ma anche le famiglie. Perché non prevedere che le risorse del Recovery Fund possano essere utilizzate anche per sostenere la spesa pubblica delle famiglie nel settore della cultura?!

 

 

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