di Federico Eligi, Consigliere del Presidente della Regione Toscana in materia di rievocazioni storiche e cammini
Come Regione Toscana ci troviamo con delle infrastrutture che sono state create per volontà delle associazioni, che hanno spinto sugli enti locali, sulle Regioni e hanno portato alla nascita di questi cammini, alcuni ben fatti dove sono arrivate più risorse, altri meno, altri ancora che sono nati spontaneamente e poi sono stati portati avanti da privati. La domanda che sorge spontanea adesso è: e adesso? Abbiamo queste infrastrutture e dobbiamo provare a ragionare sul futuro. Si è chiusa la fase uno e bisogna aprire la fase due, capendo che direzione deve prendere. Adesso abbiamo bisogno di norme nazionali che diano una visione a tutto il sistema. Non è possibile andare avanti di questo passo dove ognuno si è mosso un po’ a caso tramite “invenzioni”, siamo in una fase troppo avanzata per permetterci il pressapochismo che a volte è un po’ tipico del nostro Paese.
Ben venga una norma nazionale. Perché c’è bisogno di una norma nazionale? Il problema dei cammini è che il cammino è tutto, è paesaggio, è urbanistica, è mobilità, è cultura… noi abbiamo messo insieme solo per prendere atto nella nostra Regione delle direzioni della Regione che lavorano a pezzi sui cammini: siamo a dieci direzioni e fino ad oggi ognuno ha lavorato per sé perché il turismo dettava la linea, commettendo un errore perché non è turismo, può diventare un prodotto turistico e non tutti possono diventare un prodotto turistico, e probabilmente non è giusto che tutti lo diventino, perché nascono per ragioni diverse i cammini. Non nascono per forza con la ragione di diventare un prodotto turistico. La norma nazionale risponde innanzitutto a un disegno più complessivo, la inserisce finalmente in una strategia nazionale, ne dà una risposta diciamo da più punti di vista perché io ho visto il testo e lo condivido in molti aspetti. La governance è fondamentale in queste cose, perlomeno adesso abbiamo individuato chi fa cosa, c’è qualche passaggio da fare, sono d’accordo, però perlomeno abbiamo individuato chi fa cosa e cosa sono i cammini, gli itinerari, perché mancavano le fondamenta. Ognuno si è mosso in ordine sparso. Per fortuna adesso abbiamo una norma, suggerisco, l’ho già detto in qualche incontro, che forse la stessa cosa sarebbe opportuno farla sulla rete escursionistica.
Ho visto che è stato depositato un disegno di legge: a volte cammino ed escursionismo pur essendo cose diverse si sovrappongono, in modo che anche lì qualche risposta sarebbe opportuno darla, ma rimaniamo ai cammini e agli itinerari: abbiamo un quadro, per fortuna una norma nazionale. Nencini dice che l’approveranno entro l’anno, che c’è una grande condivisione finalmente fra tutte le forze politiche, anche perché espressione del governo attuale, della maggioranza attuale, ci sono dentro tutti, di conseguenza mi auguro che si arrivi perlomeno al primo testo.
La Regione ha una legge, ma ha una legge impostata del 2018 che non dà una visione, ma supporta le spinte sui cammini che vengono dai singoli territori che è esattamente l’opposto di quello che ci dicevamo prima. Ma non perché sia in contraddizione, ribadisco: se un territorio vuole farci un cammino ben venga, perché è una valorizzazione della propria storia e della propria identità, della cultura, di un santo, di qualsiasi cosa si tratti comunque va bene. Veniamo però a cosa deve fare la Regione, perché è qui poi il punto centrale: perché la Regione ha investito e dovrebbe continuare a investire sui cammini? Per quale ragione? Per il turismo? No. Diciamo che se gli stessi soldi li avessimo messi su altre voci del turismo avrebbero fatto cento. Vero? Sì. Qual è il valore? Come mai la Regione Toscana ha interesse, e secondo me deve metterlo fra i punti strategici del governo del nostro territorio? Non vale per tutti i territori, per la Regione Toscana vale. Perché noi abbiamo un enorme problema fra territori deboli e territori forti. Cosa hanno prodotto i cammini? Hanno prodotto numeri esaltanti da una parte, in termini turistici di poco significato, ma cosa hanno portato? È questa la riflessione su cui la parte politica ha e deve fare una riflessione seria, questi cammini e itinerari passano e hanno portato gente in zone dove non ci sarebbe mai andato nessuno, questo è il valore. Se non si capisce questo, si sbaglia l’approccio.
La scelta politica da fare per cui investire è perché questa materia è stata l’unica, checché se ne dica, in grado di dare risposte a un riequilibrio dei territori fra territori forti e territori deboli. Dieci persone in un paesino sperduto della Garfagnana vuol dire tenere aperto un alimentari, un posto letto, una tavola calda e quelle dieci persone vuol dire che mi tengono in vita una comunità. Allora la legge cosa deve fare? Deve rafforzare questo elemento. Allora è cultura? Ad esempio il nostro Presidente ha lanciato, insieme al Direttore degli Uffizi, gli Uffizi Diffusi. Ci sono una parte di camminatori che segue per via emozionale questa scelta, e se gli mettiamo un’offerta culturale importante, se aumentiamo l’offerta culturale in questi territori, noi riusciamo a spostare flussi di persone portandole a riequilibrare e a mantenere presenze. Il cammino è quello che ti mantiene in vita il posto dove tu fai passare il sentiero, se non ci passa più nessuno, non c’è una comunità, quel sentiero lì non lo fai più perché lì succede di tutto. Questa è la riflessione che dobbiamo fare, cioè noi bisogna fare sistema su questo.
Terzo punto, uno dei fondamenti delle cose che ho detto prima su cui stiamo costruendo la legge regionale è esattamente quello di levare tutta questa materia al codice degli appalti e passarla al terzo settore, con la co-programmazione e la co-progettazione. Spiego in due parole perché: visto che la linea scelta è quella che dicevo prima, cioè di andare in territori deboli, un imprenditore in un bene abbandonato in cima a una montagna non ci investe perché quando ha comprato il bene, ha fatto un mutuo o prende in affitto e ci paga l’affitto, ha pagato le utenze, non c’è mercato. Allora se la nostra linea è quella che ho detto prima, noi bisogna essere conseguenti, bisogna spostare tutta questa materia, bisogna aiutare il terzo settore stando vicino agli enti locali a crescere. La co-programmazione e la co-progettazione significano esattamente questo, cioè tu li chiami, programmi cosa fare e iniziative legate ai cammini, dici cosa ci metti in termini di infrastrutture, che vuol dire immobili, tutto quello che ovviamente un ente locale può dare, ci dice anche l’associazionismo cosa ci mette, la propria preparazione, il know-how, la gente. Io ho fatto l’amministratore, non hanno nessuna risorsa, possono programmare, più di quello non sanno gestire, e non possono gestire, e allora ecco il terzo settore che dobbiamo tirare un po’ fuori e aiutarlo. Se tu fai una progettazione sul territorio e hai un immobile e lo metti a disposizione dei cammini, riesci a darlo senza il canone d’affitto perché lo puoi fare, perché non siamo nel codice degli appalti, magari riesci a dargli anche qualcosa sulle utenze, gli riconosci un contributo, e così tu hai valorizzato un bene che non utilizzavi, hai dato posti di lavoro che in alta montagna non sono così facili da mettere insieme e hai dato una risposta al sistema più generale dei cammini. È la stessa cosa che noi abbiamo fatto nella legge precedente, che è già approvata dal Consiglio regionale, sulle tradizioni popolari e manifestazioni di rievocazione storica. L’abbiamo spostata di netto e non ti dico la risposta che abbiamo avuto. Se non ci fossero state le associazioni, i cammini non ci sarebbero stati, va detto, poi noi ce ne siamo appropriati e ci abbiamo investito, ma l’idea non è partita dai Comuni, anzi i Comuni generalmente la subiscono e la vedono con un certo fastidio. Ma se pensiamo che una volta che c’è un’infrastruttura arriverà gente a fiotti perché c’è l’infrastruttura, abbiamo sbagliato completamente l’approccio: è fondamentale che ci sia il pellegrino perché i cammini senza il pellegrino non funzionano.
Quarto punto e chiudo. Abbiamo preso la Francigena, per noi la Francigena è l’autostrada, lo faccio per capirci perché ci abbiamo investito più di tutti, è un’infrastruttura vera e se fa il salto di qualità quella si porta dietro secondo me anche tutto il resto. C’è questa infrastruttura, noi la colleghiamo con tutto ciò che è mobilità sostenibile in Toscana: biciclette, ferrovie storiche, poi giustamente anche coi mezzi normali. Il primo passaggio da fare è mobilità sostenibile e cammini. Con “sostenibile” intendo lenta, mobilità lenta: collegare una mobilità specifica lenta a supporto del sistema dei cammini. Quello è un altro ulteriore messaggio che è quello che diceva prima Bambi: io arrivo dall’estero, dalla Toscana, da dove arrivo non importa, però io so che mi posso muovere a piedi, in bicicletta, monto su un treno, su un autobus che mi carica anche la bicicletta, noi la Francigena già oggi è percorribile tutta in bicicletta. Serve una mobilità dedicata al sistema dei cammini e questa è l’impostazione che stiamo dando alla nostra legge toscana con quella scelta a monte che vi dicevo prima. Il Comune di Lucca è il Comune capofila della via Francigena e i Comuni capofila saranno i comuni fondamentali per questo disegno a cui la Regione sta arrivando. Proviamo da questo punto di vista a essere inclusivi e fare squadra perché il sistema regge in un rapporto molto forte fra tre soggetti: Regione, enti locali e terzo settore. Se stiamo tutti allo stesso tavolo secondo me possiamo veramente lanciare una nuova fase.
Intervento da LuBeC 2021, Convegno “Itinerari, cammini e valorizzazione territoriale: le sfide dei nuovi turismi”