di Antonio Parente, Direttore Generale Spettacolo Ministero della Cultura
Inizio sottolineando che il punto di svolta è stato nel 2014, quando sulla base della Legge Bra del 2013 il Ministero ha riconfigurato il meccanismo di finanziamento e c’è stata un’attenzione maggiore alla situazione giovanile, un’apertura alla contemporaneità e anche all’innovazione. Dal punto di vista strutturale, la novità principale è stata l’introduzione di una forma di accompagnamento e di sostegno a favore delle formazioni giovanili, quindi under 35, le cosiddette “start up”, che hanno avuto modo di accedere al sistema di finanziamento.
Altro elemento importante a mio parere è stato anche il superamento dell’anzianità minima, di almeno tre anni di attività nel settore dello spettacolo, richiesta dai decreti del 2007 per fare domanda di finanziamento. Quindi c’è stata un’apertura significativa alle imprese under 35 e un accompagnamento anche in termini economici: per esempio l’ultimo riparto, quello del 2022, ha proprio tentato di superare alcuni limiti anche finanziari che andavano avanti da qualche anno.
Altro aspetto importante, e lo ricordava il presidente Parri, è stata l’introduzione di alcuni indicatori sia relativi alla qualità indicizzata, sia alla qualità artistica, sia all’impiego di giovani artisti e anche al cosiddetto rischio culturale.
La scelta operata nel 2021, anche sulla base dei suggerimenti che sono arrivati dalle associazioni di categoria nel corso degli incontri che abbiamo avuto a Luglio e Agosto del 2021, nell’ambito della qualità indicizzata è stata quella di superare l’indicatore dell’impiego degli under 35 perché ci siamo resi conto, osservando la reale situazione, che poteva esserci una sorta di distorsione del meccanismo di competizione, con una discriminazione che andava a colpire il lavoratore che aveva già raggiunto ad esempio il 36esimo anno di età.
Dunque, nel meccanismo di finanziamento si è tentato di potenziare da una parte il punteggio attribuito all’innovatività, relativamente alla qualità artistica, dall’altra il rischio culturale e la valorizzazione del lavoro giovanile, così come previsto dall’obiettivo 8 dell’Agenda 2030.
Un altro impulso alla nuova autorialità era stato dato dal legislatore nel 2016 coinvolgendo anche la SIAE, che doveva mettere da parte una quota dei proventi dal diritto d’autore per destinarla al finanziamento di bandi pubblici al sostegno della giovane autorialità.
L’indagine è stata importante perché da un lato ha dato un riscontro su questi settori che più di altri ricorrono alla nuova autorialità, come il teatro di innovazione e quello di infanzia, dall’altro ha permesso di osservare quelle strutture più forti che si sono cimentate con il rischio culturale. Ricordo per esempio che la settimana scorsa il teatro nazionale di Torino ha inaugurato la stagione con una produzione appunto di un regista under 35, a riprova che quelle realtà più strutturate hanno avuto la possibilità di investire e di rischiare coinvolgendo i giovani.
A livello ministeriale nella DG Spettacolo ricordo un paio di iniziative in questo senso:
la stessa Donatella Ferrante è stata impegnata nel corso degli ultimi anni otto anni nello sviluppo del sistema delle residenze, dando in quel contesto la possibilità di sperimentare e di aprire ai giovani; il bando “Movin’up” costruito anche con altri soggetti pubblici e privati, ha puntato sulla valorizzazione della mobilità di artisti e artiste; nel settore musica, il Bando Jazz ha avuto l’obiettivo di sostenere anche le formazioni giovanili e sarà replicato anche nel 2023, mentre si sta lavorando per realizzare la piattaforma Jazz, sul modello della piattaforma per la danza, NID.
Dunque come si vede il Ministero sta lavorando proprio per allargare e aprire nuove prospettive, favorire il dialogo e il confronto e creare nuove opportunità per il futuro.