di Laura Oliveti , CEO Melazeta
(da LuBeC 2020)
Sono il CEO di Melazeta srl. Siamo una società che da 20 anni si occupa di digital, gamification e educazione. Partecipiamo a LuBeC ormai da circa 5 anni perché è importante per noi trasferire la nostra esperienza relativamente ai temi di innovazione di cui si parla tanto in questi ultimi tempi. Sviluppiamo Applicazioni, esperienze di Realtà virtuale e Realtà aumentata, e soprattutto portiamo avanti la consapevolezza che il digitale tramite forme ludiche possa aiutare a trasferire conoscenze in maniera anche più ingaggiante soprattutto per un certo tipo di target.
Quello che ci ha sempre caratterizzato è l’idea che il gaming possa essere non solo una forma di engagement, ma anche di miglioramento: è una dinamica che può far sì che l’utente abbia una crescita personale, di consapevolezza e un momento di cambiamento dei propri comportamenti nel breve o nel lungo termine. Avvicinare la gamification anche al contesto della didattica museale ci sembra una possibile risposta a delle esigenze nate soprattutto nell’ultimo periodo.
Volevo dunque portare il mio contributo per fare chiarezza sull’utilizzo della gamification e dei cosiddetti serious game nel contesto dell’arte, del museo e del turismo. Se ne parla davvero tanto, a tutti i livelli e ovunque, e diciamo che occupandomene da tanto tempo, voglio solo mettere i puntini su questo argomento.
Si possono creare progetti di marketing territoriale in cui il game è una forma di engagement, ma si parla anche di utilizzo di videogiochi veri e propri che contenta al proprio interno dei rimandi, delle allusioni, anche nelle ambientazioni, a elementi turistici, un classico esempio è quello di Assasin’s Creed e Monteriggioni. In questo caso non si tratta propriamente di qualcosa che crea cultura o educazione e che può trasferire un contenuto ai ragazzi, ma crea comunque un’aspettativa, una curiosità e magari un desiderio di andare a visitare questo luogo o questo museo. Tali aspetti sono approfonditi anche dai nostri amici dell’associazione IVIPRO e potete trovare sul loro portale tanti esempi italiani e stranieri dove il gioco è centrale e dove luoghi di tipo culturale o turistico, sebbene non siano protagonisti, fanno parte dell’ambientazione e creano un possibile trigger o leva per il marketing. In questo caso il videogioco ha come prima finalità l’intrattenimento: farmi trascorrere il mio tempo libero in ciò che mi piace fare, ma quando detiene elementi di marketing turistico, è molto notiziabile. Il secondo approccio è quello di usare la formula Appliedgame o progetti di gamification, per correttezza sottolineo che non sono in sostituzione, ma è un’altra formula, per creare contenuti con una forma ludica, creati usando meccaniche specifiche che nascono con l’intento e la finalità di creare vero engagement, ma anche di aiutare chi li utilizza a rendersi consapevole di un proprio miglioramento e di restituire un know-how in più, dunque la consapevolezza di aver migliorato qualcosa e di essere migliorato in qualcosa. Questo tipo di approccio non si posiziona nell’area videogame, ma in una formula diversa, innovativa, che integra formule più tradizionali.
Il terzo modo per usare questi strumenti è quello per aumentare la visita, cioè le installazioni, tramite totem, realtà aumentate o virtuale ecc. sempre in una forma ludica e con elementi che stanno all’interno del luogo di visita. Quindi che finalità ha in un contenuto ludico legato alla cultura e al turismo? Può essere utilizzato sia in preparazione alla visita, che durante, che dopo, ma può essere anche un contenuto che rimane svincolato dalla visita e che può dare la possibilità alle scuole e ai ragazzi di fruire comunque dei contenuti di un museo che per motivi geografici o come quelli che abbiamo vissuto fino a pochi mesi fa non ci fa la possibilità di andare a visitarlo. Vi porto degli esempi.
L’app game Wunderbo, un nostro progetto elaborato per il Museo Civico e Medievale di Bologna e Palazzo Poggi e che si posiziona, rispetto all’introduzione che vi ho fatto prima, tra la prima e la seconda categoria: ha sia una finalità marketing, perché può essere scaricato ovunque, è in italiano e in inglese, e è un incentivo alla vista, perché per completare il gioco bisogna visitare i musei, e poi però il gioco in sé ha meccaniche standard e trasversali come gli hidden object, i trivia, facendo sì che il target sia molto ampio: utilizzabile dalle famiglie, ma anche da scuole, studenti e insegnanti in preparazione alla visita nei musei, e perfino durante i laboratori didattici museali.
A proposito di laboratori, come Melazeta facciamo parte del gruppo LaFabbrica, agenzia leader su Milano dei progetti brand per le scuole. Ne fanno parte anche Bandusia e Didaour: se siete un operatore in ambito museale conoscete sicuramente la rivista cartacea Didatour che raccoglie la stragrande maggioranza delle offerte del turismo scolastico e viene inviata a tutte le scuole di ordine e grado italiane. Durante il lockdown Didatour ha realizzato una raccolta di 25 pagine, disponibile sul loro sito, di esperienze di visite virtuali e anche altre iniziative per la raccolta o messa in condivisione di contenuti, creazioni di video, webinar ecc. che i musei hanno fatto durante il periodo di chiusura. Questo ha portato anche a fare questo interessantissimo webinar, con Maria Elena Colombo, docente dell’Accademia di Brera e dell’Università Cattolica di Milano, dove sono stati approfonditi i modi in cui in Italia e all’estero i musei hanno affrontato questa fase in cui era impossibile visitare i musei e fare visite didattiche. Chiaro che si faceva riferimento anche a realtà come il MET e il MoMa che erano già pronte pre Lock-Down mettendo a disposizione tante tipologie di contenuti e iniziative di vario livello, poi ha toccato anche tutte le nuove iniziative italiane, per citarne alcuni la Pinacoteca di Brera, il Museo della Scienza e della Tecnica, Palazzo Grassi, Palazzo Strozzi ecc. Ciò che è emerso da questo racconto molto interessante e inspirational per chi vuole affrontare un concetto di proposta didattica digitale non solo nel breve periodo, ma anche medio lungo è che ognuna di queste realtà si è mossa con quelle che erano le loro potenzialità. Chi aveva già tanto materiale digitalizzato lo ha messo a disposizione, ad esempio, però la cosa più interessante è che sono un po’ caduti nei pregiudizi, anche l’idea che lo strumento digitale sia un qualcosa che distoglie dalla visita è sempre stato un pregiudizio abbastanza forte. Emblematica era l’immagine che ha girato per molto anche sui social, di questi ragazzi nel museo di Amsterdam che aveva raccolto molte polemiche, per cui i ragazzi anche a fianco di una grande opera d’arte stavano a guardare il cellulare. Era in realtà una fake news, perché stavano partecipando a un gioco che prevedeva una parte sul loro al telefono e una parte di raccolta di indizi all’interno del museo: foto molto emblematica per questa contrapposizione che c’è sempre stata. Con l’esigenza scatenata da questo periodo, ci sono arrivate varie richieste di riuscire a capire come andare a tradurre i momenti di didattica e non tanto le visite in modo nuovo, andando a riconfezionare l’offerta.
Quindi, un po’ grazie al contributo della professoressa e un po’ cercando altre iniziative in giro per il mondo, anche di musei minori, ciò che stiamo sviluppando al momento è una piattaforma per la DAD museale, Dida_ON, che metta in grado sia di erogare una sorta di contenuti e laboratori in forma libera, ma anche strutturati per il coinvolgimento delle scuole e quindi prevedendo la presenza dell’insegnante, il coinvolgimento della classe in un ambito con un percorso e la possibilità dell’insegnante di andare non a verificare, ma a gestire la partecipazione dei ragazzi al laboratorio al cui interno abbiamo inserito sia la possibilità di sfruttare contenuti che già il museo ha in termini di immagini e video, momenti di diretta webinar da parte di una figura del museo e tutta una serie di giochi e esperienze ludiche che mettiamo a disposizione calandole sull’argomento del laboratorio. Il museo che adotta Dida_ON decide in autonomia se rendere l’esperienza free oppure a pagamento come i classici laboratori nei musei. Ho finito e vi ringrazio.