di Rossella Novarini, Direttore Generale Il Ponte Casa D’Aste
Innanzitutto ringrazio la dott.ssa Annalisa Rossi per l’invito a questo convegno e per l’opportunità offerta per la prima volta ad una Casa d’aste di intervenire portando testimonianza del proprio ruolo di mediazione in un contesto in cui affidamento privato e interesse pubblico sono sfociati in una collaborazione propositiva e
conservativa al tempo stesso.
L’asta Valentina Cortese ha offerto l’occasione a Soprintendenza e soggetto privato, in questo caso un Trust, di dialogare scevri da pregiudizi ed interferenze, laddove il lascito aveva oltretutto uno scopo meramente benefico e pertanto finalizzato non ad un riscontro economico individuale o personale, ma alla creazione di borse di studio per la ricerca medica e l’arte.
L’affidamento, nato dalla volontà specifica dell’attrice di destinare gli introiti della vendita di suoi beni personali a precisi fini benefici, ha suscitato oltre ad un’onda di simpatia e solidarietà da parte di ammiratori, amici e collezionisti, per i quali vi era l’occasione non solo di poter avere un ricordo ma anche l’offerta di una selezione di qualità degli arredi e del guardaroba, ha suscitato dicevamo anche l’interesse della Soprintendenza, in veste di garante di un patrimonio artistico e culturale che poteva e doveva trovare una esemplificazione, una sintesi, in un contesto di fruizione pubblica o museale.
La destinazione di parte del ricavato al Piccolo Teatro di Milano, ha costituito un ulteriore aggancio per incrementare con la parte documentale e archivistica – costituita da copioni, libri, appunti, bozzetti e costumi – la parte meramente economica ed in questa direzione si è attivato il contatto tra Ministero e Trust attraverso la Casa d’aste.
Archivio e documenti erano depositati in un locale del Ponte, poiché era già nelle intenzioni del Trust destinare questo importante apporto culturale al Piccolo Teatro, di cui infinite volte Valentina Cortese aveva calcato le scene e quindi quale sbocco naturale di una vita dedicata all’arte melpomenea. Per il Piccolo Teatro diventava altresì prezioso il supporto statale nell’intraprendere l’operazione conservativa. Musa di registi e sceneggiatori, l’attrice aveva raccolto innumerevoli documenti, tra copioni, bozze, lettere, schizzi di costumi, immagini personali ed altro materiale fotografico, che andavano ora a formare un corpus archivistico unico, non disperdibile e che come tale andava preservato. Il Trust stesso aveva già ipotizzato una destinazione pubblica, ma restava da definirne modalità e contorni. L’interesse della Soprintendenza andava quindi a dare compimento ad un’ azione in divenire già intrapresa da parte del Trust.
L’intervento ministeriale, dapprima orientato su alcuni lotti in asta molto differenti per tipologia e qualità, con l’intento di plasmare un corpus che delineasse la personalità della grande artista e fosse proponibile in un contesto museale, si è poi focalizzato, oserei dire con intuito e lungimiranza, sul materiale archivistico vero e proprio, di per sé molto più identificativo e già precostituito dall’artista stessa per quanto non creato intenzionalmente, ma piuttosto raccolta sparsa di appunti, annotazioni, divagazioni, pensieri e relazioni.
L’incontro con la Soprintendenza ha permesso di concentrare gli sforzi di tutte le parti in causa: Ministero, Trust e Casa d’aste, facendo convergere i reciproci interessi affinché questo specifico e preciso materiale diventasse la vera eredità di cui lo Stato si faceva custode e portavoce. Mettere a disposizione del pubblico e della cultura, materiale inedito e accuratamente conservato dall’attrice nelle sue stanze private, sfogliato e letto più volte, toccato ed accarezzato, declamato e rivissuto in tante repliche del ricordo, è senz’altro un valore aggiunto rispetto a oggetti e beni in asta che costituivano di fatto solo una normale quotidianità di donna, di moglie e di madre.
E’ la Valentina Cortese artista e attrice che il pubblico ha scolpito nella memoria e quella memoria è la parte che lo Stato ha avuto lo slancio di preservare, non solo in forza di una legge, ma sentendosi rappresentante dell’affetto ampio e universale del pubblico che l’ha applaudita ed ammirata. Quel vissuto specifico di Valentina Cortese andava tutelato e trasmesso ai posteri. Quella parte di vita era ciò che doveva rimanere a disposizione di studiosi , ricercatori e ammiratori e così è stato nell’intento di Soprintendenza e Trust con la mediazione della Casa d’aste, custode momentaneo di questo variegato materiale cartaceo. La Casa d’aste ha quindi verificato la disponibilità del Trust a collaborare in questo senso con il Ministero e ad incontrarne i rappresentanti così da trovare un punto di accordo attraverso il quale consegnare tale memoria teatrale ed artistica nelle mani dello Stato, con l’intento di farne un patrimonio dell’intera comunità. Tutto questo senza intaccare la parte benefica dell’asta che era il punto delicato di questa situazione. Si è compiuto un miracolo di sintonia e sinergia tra Stato e privato , in cui si è dimostrato possibile preservare sia la volontà di vendita dei beni personali dell’attrice (mobilio, oggetti, quadri, guardaroba) secondo la sua volontà ultima, sia tutelarne la figura storica attraverso i suoi documenti personali e teatrali.
Nulla è andato disperso di ciò che ha un valenza archivistico-culturale senza tempo e che pertanto necessita di un sigillo statale; tutto verrà messo a disposizione per studio e approfondimento per tramite del Piccolo Teatro a cui il Ministero ne affiderà la conservazione. Due soli e particolari dipinti, in corso d’asta, sono stati identificati come imprescindibile aggiunta al corpus documentale e quindi necessari di tracciabilità e monitoraggio: due opere di Leonor Fini, amica personale di Valentina Cortese. Un ritratto con il figlio e un’ allegoria dell’amicizia, dipinti dall’amica artista per l’amica artista, in uno scambio reciproco di affettuosi omaggi. Dapprima oggetto di avviamento di notifica in corso d’asta e quindi notificate, le due opere entrano a far parte della memoria cortesiana pur restando in mani private. Qui, a muovere la scelta del Ministero, non è stata solo la preservazione di un oggetto personale di Valentina Cortese ma anche di un’artista, Leonor Fini, a riconoscimento ulteriore della forza creativa ed interpretativa della donna in un’epoca di rivalutazione e valorizzazione del femminile.
La possibilità di una collaborazione così attiva e fattiva non sarebbe stata possibile senza la mediazione della Casa d’aste, non solo quale attore nella trattativa tra le parti , ma come “svelatore” di un patrimonio che diversamente avrebbe potuto essere disperso senza lasciare traccia o rimanere celato in magazzini e depositi per l’impossibilità di dare seguito all’alienazione complessiva e completa, o foss’anche frammentaria e occasionale. La casa d’aste quindi diventa un veicolo di conoscenza , aperta e trasparente del patrimonio, in cui interesse privato (i beni da alienare) e pubblico (beni da preservare) possono incontrarsi senza che questo danneggi alcuna delle parti, ma consenta un sensato e armonioso approccio alla tutela di ciò che effettivamente ha motivo e ragione di dover essere tutelato. Con l’asta Cortese abbiamo visto che ciò è possibile e realizzabile in pieno accordo.
Vendere un patrimonio non significa disperdere, significa passarne la responsabilità da mani che non possono più occuparsene a mani che possono garantirne continuità ed apprezzamento. Il privato vende, il privato compra e lo Stato propone il suo possibile interesse dialogando con le parti. E ciò può accadere solo nella condizione di una mediazione dell’asta. Sempre più spesso notiamo, con piacere, che oggi lo Stato si pone come paritario compratore e non più come colui che esercita un mero potere di veto. L’auspicio è che questa collaborazione sia sempre più in questa direzione: attenta e rispettosa sia nel garantire il diritto all’alienazione del privato cittadino sia a tutelare quello che merita di assurgere a patrimonio pubblico. L’asta Cortese ha aperto una nuova strada verso la conoscenza reciproca tra istituzioni e privato attraverso l’azione mediatrice della Casa d’aste e chissà che la pacificazione di un rapporto per tanto tempo travagliato, non passi proprio da qui: dal potere armonizzante ed emozionante dell’arte.
Intervento da LuBeC 2022, Convegno “Collaborazione Pubblico-Privato per la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale”