di Luca Ruzza, docente di Exhibit design – Università degli Studi di Roma La Sapienza
Il progetto sperimentale che ha connesso l’attività dell’Istituto a quella di progettisti e sviluppatori specializzati in exhibit design e comunicazione multimediale si è avviato da circa tre anni raggiungendo risultati di alto livello, tra i quali il percorso espositivo itinerante “Racconti invisibili”, che ha portato il patrimonio immateriale italiano, in una nuova modalità di fruizione fondata sull’immersività, in diversi paesi come Messico, Argentina, Cile, Armenia, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Croazia.
Dopo solo tre anni, a dire il vero molto intensi, questa esperienza è entrata nel palinsesto formativo dell’Università degli Studi di Roma La Sapienza dove, nel nuovo corso di laurea magistrale in Design, comunicazione visiva, e multimediale della facoltà di Architettura, questa serie di esperienze verranno sistematizzate per poter essere trasmesse, replicate e migliorate.
Il mio intervento si concentra su immagini ed episodi legati a questa progettualità e su alcuni luoghi, al chiuso o all’aperto, come ad esempio i Cantieri della Civiltà Marinara di Porto San Giorgio, dove abbiamo realizzato uno spazio destinato alla visione e alla riflessione sulle tematiche della memoria e della cultura del mare, che vede tecnologie avanzatissime affiancate ad installazioni poetiche ed emozionali, o a Fermo che ha ospitato l’edizione italiana della mostra Racconti (In)visibili all’interno di un vecchio terminal delle autolinee locali trasformato in spazio museale per l’arte contemporanea.
Quando l’Italia si è fermata a causa della pandemia, tutte le manifestazioni di carattere culturale si sono fermate e tra queste anche le performances festive della nostra tradizione. In quei giorni fatti di distanza, di lunghe chiacchierate al telefono e interminabili call conference, nasce un progetto curioso e molto coraggioso di riproporre tramite videomapping, nelle piazze silenziose per l’assenza delle feste, i filmati realizzati da Francesco De Melis per l’Istituto negli anni precedenti, proiettati sulle facciate dei palazzi storici, nel silenzio delle città deserte, filmando le performances per consentire ai veri detentori di quei patrimoni immateriali “sospesi” di seguire gli eventi in streaming.
A Gubbio, mentre il ristretto gruppo di progetto allestiva le strumentazioni sul filo di una sceneggiatura costruita con il contributo del vissuto sedimentato della festa dei Ceri, raccolto grazie alle riprese di De Melis e della “macchina dello stupore” messa in moto dalla squadra di esperti di tecnologie immersive e comunicazione multimediale di Openlab Company, ho riflettuto sul nesso tra quello che stavamo facendo con l’ICPI e il meccanismo del sogno. Dimentichiamo Freud o Jung e tutte le varie interpretazioni: perché si sogna? Si sogna perché i nostri neuroni sono tutti assegnati, sono sempre a lavoro, notte e giorno, anche quando dormiamo profondamente, ma riusciamo a svegliarci per il pianto di un bambino o per l’odore di bruciato. I neuroni della vista nel momento in cui chiudiamo gli occhi non hanno più alcuno stimolo, ma nel cervello nessun neurone può starsene tranquillo e quindi il lavoro della vista continua, si mantiene in allenamento anche mentre dormiamo vedendo i sogni. Eccolo il nesso: quello che l’Istituto, il nostro gruppo di lavoro, ha fatto in quel periodo per contrastare il lungo sonno imposto dall’emergenza Covid è stata un’attività simile a quella che svolgono i neuroni per resistere alla perdita di memoria.
Ci siamo a lungo interrogati su cosa significhi prendere un film, un documento visivo, tirarlo fuori da un archivio per trasferirlo in una piazza, sulle pietre di un palazzo medievale, offrendolo allo sguardo di una comunità che, da protagonista, potrebbe non riconoscersi in qualcosa che non è più un film, non è più un documento. La risposta è proprio nello sforzo di quel misurarsi con qualcosa di nuovo, di soverchiante, di effimero, destinato a spegnersi, a trascolorare, a rientrare nella pietra da cui è uscito, qualcosa che riesce ad innalzare il livello dell’emozione favorendo il meccanismo della conoscenza.
Intervento da LuBeC 2021, convegno “Cantiere MiC: digitalizzare la memoria”