Discorso di S.E. Omar Saif Ghobash, Assistente del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per gli Affari Culturali degli Emirati Arabi Uniti
Buongiorno signore e signori, spero che non vi dispiaccia se terrò questo breve discorso in italiano, sia per rispetto per la città che ci ospita, sia per dimostrare al mio capo e ai miei colleghi che ho delle doti nascoste…. Potete stare tranquilli. Non ho intenzione di utilizzare per intero i 20 minuti a mia disposizione. Vorrei che questo intervento fosse il più breve e il più piacevole possibile. Il mio obiettivo è che almeno la metà del pubblico sia ancora sveglia quando avrò finito.
È veramente un piacere essere a Lucca con tutti voi e celebrare la cultura e l’arte in una città stupenda. È anche un immenso onore che gli Emirati Arabi Uniti siano stati scelti come ospiti d’onore per l’evento di quest’anno. Siamo molto riconoscenti per questa scelta. Si tratta di un’ulteriore dimostrazione delle sempre più profonde relazioni tra l’Italia e gli Emirati. Queste relazioni sono iniziate nella tradizionale modalità dei rapporti commerciali – i prodotti italiani sono sempre molto richiesti – e poi dei rapporti militari. Comprensibilmente, ci siamo avvicinati per soddisfare le nostre necessità fondamentali: beni di consumo, infrastrutture e protezione.
Un momento chiave di questa relazione è stato quando una società italiana è diventata il partner principale nella costruzione dell’imponente Gran Moschea dello Sceicco Zayed, intitolata al padre fondatore degli Emirati Arabi Uniti, lo Sceicco Zayed, possa Dio accogliere la sua anima. Fu proprio in quel momento che iniziai a percepire la presenza dell’Italia negli Emirati.
Il legame si approfondì ulteriormente quando il Principe ereditario di Abu Dhabi, lo Sceicco Mohamed bin Zayed, venne in visita ufficiale a Roma per la prima volta nel 2015.
Seguì la designazione dell’importanza strategica dei nostri legami con l’Italia. Questa decisione potrebbe essere stata benissimo il risultato della nostra passione per il cibo italiano, naturalmente. In ogni caso, i nostri legami con l’Italia continuano a rafforzarsi.
Vorrei spiegare brevemente come io – come cittadino degli Emirati – vedo gli EAU [Emirati Arabi Uniti]. Molti di voi avranno certamente fatto scalo a Dubai mentre erano in viaggio per altre destinazioni. Alcuni magari si sono fermati per uno o due giorni. E qualcuno potrebbe essere rimasto più a lungo, o avere amici che hanno lavorato negli EAU.
Gli stranieri che visitano o sentono parlare degli EAU spesso non hanno un quadro completo del modo in cui noi vediamo il nostro paese. Spesso è più facile assorbire gli stereotipi sulla regione che scoprire le peculiarità di una nazione. E questo vale anche per noi, quando visitiamo altri paesi. Nella maggior parte dei casi scegliamo la via più facile, quella già nota, il sentiero già battuto.
È importante vedere gli Emirati come una società che dagli anni ‘60 ad oggi ha affrontato una rapida transizione. E per alcuni aspetti la rapidità di questo sviluppo nel corso degli anni ha rafforzato l’idea che è così che le cose dovrebbero andare.
Per questo oggi vorrei invece suggerire delle prospettive diverse con cui guardare agli Emirati.
È utile pensare come il passato sia la base del nostro presente e come esso ci guidi verso il futuro.
Il passato – l’ambiente difficile
I nostri nonni e le nostre nonne vivevano in un ambiente duro e impietoso. Per la generazione dei miei figli è difficile immaginare come deve essere stato. Molti dei nostri anziani soffrivano di malattie ai reni a causa dell’acqua salmastra che bevevano dai pozzi scavati nel deserto. Il caldo intenso, la mancanza di cibo e acqua, le scarse risorse disponibili nel deserto erano solo alcuni aspetti di una vita difficile. Eppure, sappiamo che il deserto ha prodotto uomini e donne con saggezza e qualità di leadership che continuano ad influenzarci ancora ai giorni nostri. Analizzando quel periodo, scopriamo infatti che nonostante l’asprezza del deserto, c’erano umorismo e saggezza, insieme a poesia e a relazioni sociali complesse. Credo che questo aspetto della vita dei nostri predecessori sia quello che manca dalla storia degli Emirati.
Presente – la regione, una possibilità irripetibile, le basi per istruzione e salute, disciplina e apertura
Fu scoperto il petrolio e la produzione iniziò nel 1960.
I britannici dichiararono che stavano abbandonando gli Emirati – o gli Stati della Tregua, come erano chiamati a quel tempo. Questo annuncio consentì ai nostri governanti di iniziare a progettare il tipo di stato che volevano costruire. I sette emirati che formano oggi gli EAU erano molto fieri della propria indipendenza da un’egemonia centrale. Ogni emirato ha il proprio mix di popoli del deserto e comunità costiere. Ogni emirato ha il proprio mix di lupi solitari e tribù unificatrici. Ogni emirato spera di poter scoprire risorse naturali.
Ciò che i leader capirono ben presto, fu che l’unità era fondamentale – viste le dimensioni – ma lo era anche la diversità, per gestire il proprio contesto locale.
Molte figure politiche della regione ritenevano che l’esperimento politico di unità nella diversità non avrebbe avuto fortuna. Il tempo ha dimostrato il contrario.
Mi sono chiesto spesso e ho chiesto agli altri come si formano gli stati, come nascono le costituzioni e gli strumenti legali che creano il quadro in cui si sviluppa una società?
Partendo da identici fondamenti, la differenza tra i paesi si basa – secondo me – sul modo in cui sono guidati. La classe dirigente ha una visione transazionale e a breve termine del paese? Oppure vede il progetto di creazione dello stato come un progetto lungo decenni in cui le persone sono al centro del progresso?
Bene, io posso affermare che la classe dirigente degli Emirati – da quando il nostro paese è stato costituito nel 1971 – ha guidato con l’esempio, ha guidato con la preoccupazione per il benessere del popolo degli Emirati, ed è stata guidata dal desiderio di garantire che il futuro del petrolio avrebbe portato a una prosperità permanente.
L’istinto della classe dirigente è stato quello di concentrarsi sulla distribuzione del benessere derivato dal petrolio attraverso la costruzione di infrastrutture di livello internazionale, attraverso un’urbanistica intelligente e la creazione di istituti finanziari che sostenessero la crescita della nuova economia, fornendo inoltre istruzione e assistenza sanitaria universale a persone che tradizionalmente non comprendevano e non si aspettavano questi frutti del benessere.
A che punto siamo oggi?
Nel 2019 gli Emirati sono un paese radicalmente diverso dai piccoli accampamenti nel deserto e dalle piccole comunità di pescatori e pescatori di perle del passato.
Gli Emirati sono la seconda maggiore economia del mondo arabo. Il petrolio ha avuto il suo ruolo, come pure le compagnie aeree come Emirates e Etihad, i principali porti ed operatori portuali e il fiorente settore del turismo e della logistica.
Potrebbe sembrare strano che finora io non abbia toccato l’argomento della cultura, dal momento che ci troviamo ad un evento culturale. Credo sia importante riconoscere quanto siamo stati fortunati negli Emirati con la ricchezza legata al petrolio e con la nostra classe dirigente. In ogni decennio, a partire dagli anni 50, la classe dirigente ha dovuto prendere delle decisioni su come relazionarsi con gli stranieri. Chi erano gli stranieri? Erano indù e sikh, buddisti e atei, erano indiani e africani, ed erano americani ed europei. Alcuni sono arrivati in cerca di avventura e fortuna, altri semplicemente per costruirsi una vita migliore.
Sono stati portati avanti due grandi argomenti. Il primo è stato quello del rifiuto. Si doveva impedire allo straniero di entrare nella nostra società, o lo si doveva tenere in posizione marginale finché non avesse terminato il lavoro che era venuto a svolgere. La seconda scelta era di accordare rispetto allo straniero, semplicemente per il fatto di essere egli pure un essere umano. Maggior rispetto sarebbe stato dato per i contributi resi alla nostra economia e alla nostra società.
La scelta è stata compiuta e viene rafforzata anno dopo anno. La scelta è stata l’apertura e l’accettazione di coloro che sono diversi da noi.
Si tratta di forze etiche e culturali della massima importanza. Quando i leader dimostrano questa forza culturale e morale, il popolo rispetta e vive in accordo con questi ideali.
Per questo a febbraio di quest’anno Papa Francesco è stato accolto negli EAU. Insieme al Rettore dell’antica università islamica di Al Azhar il Papa ha firmato un documento chiamato Documento sulla Fratellanza Umana che mira a unirci tutti in una cultura di reciproco rispetto.
Durante la visita il Papa ha celebrato una messa pubblica nella capitale Abu Dhabi. Tutto questo deve essere considerato nel quadro dei conflitti interni all’Islam degli ultimi 30 anni. Al Qaeda, ISIS, i Fratelli Musulmani e altre forze fondamentaliste e di opposizione hanno cercato di imporre le proprie visioni radicali al resto delle varie e variegate espressioni dell’Islam. Questi gruppi rifiutano l’idea che vi sia un non-musulmano sul territorio della Penisola Araba. Invitando e accogliendo il Papa, il governo ha sottolineato chiaramente che noi vivremo in un mondo in cui ci accettiamo l’un l’altro, in cui diamo il benvenuto agli ospiti, in cui proteggiamo e celebriamo gli amici. Il governo ha dimostrato che il nostro Islam non è la forma ristretta e paranoica a cui aderiscono i radicali. La nostra comprensione è ampia, generosa e accogliente.
Alcuni giorni fa ho partecipato alla cerimonia a New York in cui gli EAU hanno presentato un avveniristico progetto chiamato Abrahamic House. Si tratta di un gruppo di tre edifici realizzati nello stesso complesso nel cuore della città. Uno è una moschea, uno è una chiesa e uno è una sinagoga. Ci sono moltissime moschee negli Emirati. Ci sono circa settanta chiese. Ma una sinagoga? Questo è un altro passo verso una cultura di coraggio e fiducia. Non è un segreto che il conflitto arabo-israeliano abbia condizionato la percezione delle persone di fede ebraica. Qualunque sia il credo politico, gli EAU si sono impegnati con forza per respingere i sentimenti antisemitici. Apparteniamo tutti alla stessa fede abramitica. Questa è un’ulteriore dimostrazione di guida morale in un mondo in cui scarseggiano i leader.
Quella che vi ho descritto è solo una panoramica generale di come credo si debbano vedere gli Emirati. È una prospettiva di analisi che ognuno può seguire.
Naturalmente, vi sono altri aspetti della cultura che avrei potuto e voluto toccare, come i grandi progetti dei musei del Louvre e del Guggenheim, ma anche i fiorenti mondi del teatro e della recitazione. Vorrei avere il tempo per parlarvi del potere della poesia e di come essa riempia le vite delle persone passando spesso inosservata per chi viene da fuori. E sarebbe un piacere potervi parlare delle varie gallerie d’arte e degli artisti che crescono e si evolvono nelle città internazionali che costituiscono gli Emirati.
Grazie a tutti per aver avuto la pazienza di ascoltare questa mia breve presentazione e anche la mia pronuncia italiana.