di Enrico Marchi, Psichiatra e Psicoterapeuta specializzato in Arteterapia
Da sempre l’arte è stata considerata come un elemento di piacere e fonte di grande consolazione e sollievo per tutti gli esseri viventi, ed in particolare per l’animo umano. Da tempi immemorabili le virtu’ dell’arte sono state utilizzate nella cura delle afflizioni fisiche e psichiche e molte sono le leggende e le mitologie che narrano dei poteri magici, se non divini, della musica, della poesia, della danza, e di tutte le arti visive.
Sono altresì note le grandi possibilità dell’arte di influenzare positivamente il gradiente di sviluppo neuro-evolutivo, dando chanches importanti al nostro cervello, siano esse direttamente riferibili alle attività logico-matematiche (che hanno la loro sede privilegiata nell’emisfero sinistro), che a quelle più creative ed intuitive riferite all’emisfero destro. Secondo le teorie di Anzieu e Magherini è di primaria importanza, in questo sviluppo psico-cognitivo ed affettivo, il contatto percettivo con la figura materna, la cui voce può forse rappresentare durante la vita uterina la prima emozione estetica, il primo contatto con la bellezza; dopo la nascita, col passare dei mesi poi la vista prenderà il sopravvento nella costruzione neuro-estetica del nostro bagaglio cerebrale: Il nostro cervello acquisisce informazioni attraverso le vie neurosensoriali che fanno capo al sistema limbico, declinando poi e ricodificando il materiale attraverso simbologie universali, ma anche al contempo con engrammi legati alle esperienze individuali. Non sempre i ricordi neuro estetici sono legati al piacere, ma talora ad eventi o periodi dolorosi, se non traumatici e quindi, come ci suggerisce Freud, l’arte può divenire confondente, perturbante quando per noi il ritorno del rimosso è di difficile collocazione. Il nostro subconscio e inconscio sono quindi i principali custodi di questa “memoria neuro-estetica” che in molte situazioni può essere riattivata. Nel soggetto che non ha potuto fare esperienze precoci valide in questo suo espandersi psico-fisico, e talora con vissuti di perdita e traumatici legati al rapporto precoce con la madre e con il mondo esterno, il poter sperimentare questa gamma di sensazioni fortemente e profondamente stimolanti diventa una valida pratica terapeutico-riabilitativa; in special modo se questo avviene con l’assistenza e la guida di esperti e curanti, può accendersi la scintilla della riconquista di un oggetto interno come atto creativo e neuro-rigenerativo. Una creatività che, secondo Winnicott, è fortemente legata alla capacità di mantenere in tutto l’arco vitale qualcosa che appartiene alla esperienza infantile.
Una possibilità in più di dar vita al mondo anche al di là del principio di realtà, che è quello con il quale ci siamo precocemente incontrati (e scontrati), aprendo l’accesso a luoghi psichici interni tanto profondi e remoti in un rivitalizzante e corroborante “percorso orfico di guarigione”. Dovremmo poi aggiungere a queste indubbie implicazioni neuroanatomiche e psicologiche, la ricchezza di una relazione professionale di aiuto che si muove in uno spazio di intermediarietà ludica; l’oggetto artistico è senz’altro il medium relazionale più capace di inaugurare questi straordinari percorsi terapeutici ma anche umani; ed ecco allora che assistiamo nel tempo a vere e proprie trasformazioni cliniche e personologiche nei soggetti che partecipano ai laboratori-atelier di arteterapia. Con queste brevi premesse è forse più facile capire il presupposto teorico che sta alla base dell’utilizzo di tutte le tecniche artistiche in generale utilizzate in salute mentale e del perché da secoli la pittura, il teatro ed il canto sono stati utilizzati come strumenti di benessere e cura. Non va d’altra parte trascurata le notevole importanza della fruizione e produzione artistica condivisa nella prevenzione e trattamento di molti disturbi respiratori e cardiovascolari, delle malattie neurodegenerative, nella assistenza oncologica, negli stati deficitari, nella pratica pediatrica e in molte altre situazioni in cui sviluppare un’alleanza col curante attraverso questo oggetto privilegiato che è quello artistico diventa parte del progetto e del percorso terapeutico. Introdurre metodi di fruizione e produzione artistica condivisa, attraverso l’esperienza dei piccoli gruppi, può rappresentare un efficace strategia per aiutare persone che hanno bisogno di aiuto e al contempo avvicinare soggetti che vogliono coltivare e mantenere il benessere, prevenendo disagi e stress attraverso un percorso particolarmente coinvolgente ed arricchente che oggi viene da molti definito come salutogenesi e che ovviamente si associa ad alimentazione e stili di vita sani.
Sulla scia di questa filosofia il Lu.C.C.A., ha creato una divisione interna dedicata proprio al settore sociale che si occupa di coinvolgere negli incontri associazioni di settore quali diversamente abili e terza età: l’ArTS Hub – Art Therapy Social Hub, opera in costante collaborazione con l‘Associazione Lucchese Arte e Psicologia e Archimede che da molti anni si occupano del settore delle Artiterapie e dell’Art Brut (o Arte Irregolare), nonché con molte altre realtà di volontariato locale. Come ho riportato in un capitolo del libro “, “La nuova museologia: le opportunità dell’incertezza-Verso uno sviluppo sostenibile”, edito da Celid – 2020 Torino, scritto da Domenico Piraina e Maurizio Vanni, l’obiettivo di questo nuovo contenitore del museo è stato quello di relazionarsi con le associazioni del territorio e coinvolgere nelle attività le fasce più deboli per renderle più protagoniste della vita sociale, per contrastare la solitudine e l’isolamento, per costruire nuovi legami e coltivare capacità artistiche e relazionali inedite o poco valorizzate. L’arte e la cultura, opportunamente proposte e sostenute da una profonda relazione di aiuto, costruiscono lentamente percorsi umani e terapeutici di grande spessore e autenticità, costituendosi come “pellicole protettive” nei confronti dell’impoverimento psichico che colpisce maggiormente i soggetti deprivati sul piano cognitivo e socio-relazionale.
Durante gli scorsi mesi, Arts Hub si è aperto quindi alle varie Associazioni ed Enti per offrire una serie di incontri che avessero questi scopi e che potessero definire un format valido e ripetibile. La metodologia utilizzata è stata quella dei “Gruppi a mediazione artistica Halifax”, incontri esperienziali condotti da esperti del settore delle arti terapie applicate. Il confronto mediato dall’oggetto artistico, si interfaccia con i vari stati d’animo di coloro che condividono l’esperienza, senza la necessità di parlare dei propri problemi o della propria intimità, ma legandosi principalmente alla suggestione ludica dell’arte che viene loro proposta ai partecipanti (foto artistiche, brevi esibizioni musicali dal vivo, letture attoriali, scene da film, micro-teatro, esibizioni di danza-teatro e quadri di autore in mostra). Il confronto che ne scaturisce crea un clima di sintonizzazione affettiva veramente efficace e durevole, dato che l’esperienza condivisa dell’emozione estetica rappresenta un mezzo di forte integrazione e socializzazione, nonché di benessere personale. Sul piano specificatamente neurosensoriale la condivisione dell’emozione estetica, che avviene nei gruppi esperienziali a mediazione artistica, propone una “percezione aumentata”, e al contempo permette, in un clima riservato e al contempo stimolante, l’approfondimento introspettivo senza obbligare il partecipante a rivelare aspetti troppo personali; è l’oggetto artistico il cardine del confronto e della riflessione, quasi uno schermo su cui proiettare i propri vissuti e le proprie emozioni senza dover obbligatoriamente parlare della propria vita intima. La stimolante ambientazione estetica della sede museale che ci ospita, presente in tutte le varie iniziative museali (ad es la visita emozionale con il racconto scenico, che lo stesso Direttore del Lu.C.C.A., Prof. Maurizio Vanni guida con grande abilità), crea di per sé un importante suggestione di base che permette di concretizzare interessanti percorsi di quella che oggi da molti autori viene chiamata museoterapia.