Il Museo come centro di decodificazione dell’immagine
Alessandra Gobbi:”Al museo è ormai riconosciuto, tra gli altri, un ruolo sociale ed educativo ad ampio spettro, quale istituzione capace di integrare e contemperare istanze pedagogiche e finalità di valorizzazione. In tale quadro, soprattutto nei confronti delle nuove generazioni, l’importanza di un’educazione all’immagine assume un particolare rilievo. I nativi digitali hanno una naturale propensione a forme di organizzazione del sapere del tutto differenti da quelle delle generazioni passate, in cui la percezione visuale gioca un ruolo primario nell’elaborazione e nella catalogazione delle conoscenze. Il repertorio visivo di riferimento dei giovani è massicciamente permeato da rimandi, echi e allusioni al patrimonio culturale condiviso, tuttavia occorre domandarsi come integrare tali capacità di gestione del valore comunicativo delle immagini con l’educazione e la comprensione del significato iconografico e iconologico ad esse sotteso, che necessita di un’indispensabile attività di contestualizzazione. Quali strategie può mettere in campo il museo per consentire la decodificazione di tali significati? Come si può accostare il pubblico alle molteplici chiavi di lettura del palinsesto semantico di cui le immagini si fanno portatrici? In che misura l’innovazione tecnologica e la riproducibilità dei beni rendono più complessa tale esigenza educativa, specialmente rivolta alle generazioni più giovani?“
Eva degl’Innocenti: “Questo aspetto è molto importante, ovvero basare la politica culturale sul concetto dell’imparare giocando, il gioco come apprendimento. Noi siamo facilitati dal fatto che il Museo Archeologico di Taranto ha una importante collezione di giochi dell’antichità. Quindi abbiamo sviluppato il tema del gioco, progettando con l’Università di Udine un’app che realizzeranno i ragazzi stessi, per costruire giochi legati all’antichità e quindi digitalizzare il tema del gioco. Questo esempio è importante per comprendere tre punti fondamentali: la tecnologia non deve essere fine a se stessa, ma complementare, un concetto che non è ancora stato acquisito da numerosi adolescenti. Per un Museo Archeologico è importante far capire il suo legame con la contemporaneità, per non dare un’idea passatista del patrimonio, ma di una archeologia che aiuti a capire chi eravamo, chi siamo oggi, e a costruire il nostro futuro. È per questo che abbiamo dedicato un PON, MarTA 3.0, al tema del gioco, della digitalizzazione e dell’apprendimento. L’archeologia è una scienza più contemporanea di quanto noi possiamo immaginare, quindi il passato ha senso quando si confronta con l’uomo contemporaneo”.
Alessandro Luigini: “È evidente che il gioco non è un passatempo, questo in ambito formativo è chiaro ormai da tempo. Per quanto riguarda la cultura visuale in ambito didattico-formativo e l’ausilio del digitale, questo è un tema centrale. Un dato stimato nel 2014 ipotizzava come dal 2012 al 2014 fossero stati prodotti il 90% di dati e informazioni che tutta la nostra civiltà abbia mai prodotto. Questo significa che il 10% delle informazioni che la nostra società ha prodotto contengono nomi come: Leonardo, Michelangelo, Dante, Warhol, Schifano, etc. Il 90% sono selfie e dati che, a differenza delle materie di studio di archeologia e storia dell’arte, diventano vecchi, quello dell’obsolescenza è un altro problema. Vorrei raccontarvi di una brevissima esperienza che ogni anno propongo ai miei studenti, ma anche nell’ambito di convegni con sessioni operative. Si tratta di un workshop basato su un libro di illustrazioni di Tullio Pericoli dal titolo: “La Storia dell’Arte attraverso gli alberi”. Pericoli ha selezionato una serie di alberi contenuti in 24 opere d’arte, che ha ridisegnato. Durante questa attività i miei studenti ricevono una copia di questi 24 disegni, con un indizio sull’autore. Gli studenti possono utilizzare strumenti digitali per cercare l’opera, quindi si scontrano con due problemi: di tempo e di visualizzazione. Il problema del tempo è dovuto al fatto che, quando ci occupiamo di Digital Heritage, uno dei principali contrasti è il tempo: il digitale è rapido, mentre l’heritage richiede dei tempi differenti. Il secondo problema è dettato dalla necessità di cambiare lo sguardo, passare da uno sguardo grandangolare, in cui in una giornata entra tutto – da Netflix a Facebook, al tragitto da casa al lavoro, all’uscita con gli amici, etc. – a uno sguardo da teleobiettivo molto ristretto. Gli studenti devono essere in grado di trovare le opere di un autore ma, non essendo studenti di facoltà del settore, spesso hanno difficoltà. Partendo da una mole di capolavori, devono trovare l’opera d’arte in cui c’è l’albero dei disegni di Pericoli. Nella prima fase questi usano un tablet e passano in rassegna una serie di immagini. Tuttavia, sono nel momento in cui rallentano la velocità, entrano visivamente all’interno dello spazio pittorico e riescono a trovare l’oggetto della loro caccia al tesoro. In questo modo fanno esperienza di un tempo e di uno sguardo diverso. Benjamin già negli anni ‘30 diceva che le opere d’arte, una volta riprodotte, possono essere fruite da chiunque – e non solo da chi si trova davanti all’opera stessa – e diventano da visive a tattili. Grazie a questa esperienza noi riusciamo a toccare il significato di quelle opere”.
“Mestieri che ancora non esistono”
Massimiliano Zane: “Abbiamo parlato di nuove funzioni, prospettive ed evoluzione di un intero sistema. Un’ evoluzione non solo delle metodologie di gestione, ma anche di chi deve poi applicarle, quindi di nuove professioni, che solo 10 anni fa non esistevano. Citando Einstein: “Se fai sempre le stesse cose, otterrai sempre gli stessi risultati”. Consapevoli di tutte le difficoltà che ci possono essere a modificare un sistema basato su tradizionali barriere disciplinari.
Introdurre un approccio interdisciplinare e inserire nuovi elementi professionali è auspicabile, si può fare o si deve fare?”
Eva degl’Innocenti: “Il festival Medimex porta al (MarTa) la mostra “Kurt Cobain e il grunge: Storia di una rivoluzione” con gli scatti di Michal Lavine e Charles Paterson, 2018, crediti: www.minimaetmoralia.it/wp/dall-fort-medimex-2018-taranto/ Si deve fare, una della criticità forti è la mancanza di specifiche competenze in alcuni settori di know how. La speranza è che i prossimi concorsi del MiBAC riescano a differenziare maggiormente i profili professionali, per poter attingere a delle professionalità oggi necessarie. È auspicabile anche un rapporto più naturale tra pubblico e privato, un modello di governance che riesca a facilitare lo scambio di competenze, un’evoluzione che oggi è importante. Al Museo Archeologico abbiamo realizzato una mostra fotografica su “Kurt Cobain & Il Grunge”, a Taranto, infatti, abbiamo accolto il Medimex. Questo ha provocato una reazione disturbata, a molti sembrava un ossimoro il fatto che un museo potesse ospitare una mostra dei Nirvana, ma il museo non deve essere un semplice contenitore. Inoltre, c’era un progetto culturale che legava i Nirvana ad Archita da Taranto e Aristosseno, che sono stati tra i più grandi ideatori del concetto di metrica in musica, nonché di teoria musicale. Questo filo rosso era importante, ovvero le competenze come forma mentis importanti”.
Alessandro Luigini: “Un articolo apparso qualche anno fa su Garden annunciava che, la metà dei bambini nati nel 2010 avrebbe fatto dei mestieri che oggi ancora non esistono. Mi sono posto questo dubbio da genitore, prima che da formatore, chiedendomi: cosa consiglierò mio figlio quando dovrà scegliere il suo percorso di studi e professionale? E mi sono dato da solo questa risposta: l’unica possibilità è la capacità di adattarsi. Chiudo dicendo questo: a livello globale c’è una particolare attenzione da parte delle aziende a questo tipo di ibridazione professionale. Le grandissime aziende – da Google a Apple – cercano laureati in ambito umanistico, che abbiano fatto poi dei master in ambito manageriale o aziendale, perché evidentemente hanno qualcosa in più di tanti altri”.
LuBeC 2018 – INNOVAZIONE E MUSEI: I DIRETTORI A CONFRONTO.
Una serie di talk sul contributo determinante che i musei possono dare al raggiungimento della sostenibilità sociale, attraverso soluzioni e strumenti innovativi tra cultura ed educazione in collaborazione con la Direzione Generale Musei – MiBAC. Il cultural talk è stato condotto da: Massimiliano Zane, Progettista culturale Museum & Cultural Management e Alessandra Gobbi, Direzione generale Musei MIBAC, che hanno invitato, Eva degl’Innocenti, Direttore Museo Archeologico Nazionale di Taranto e Alessandro Luigini, Facoltà di Scienze della Formazione Libera Università di Bolzano a rispondere a tre domande nell’ambito del panel Educare all’Immagine.