di Paolo Piacentini, Consigliere per i cammini e gli itinerari culturali del Ministro Franceschini
Quando si decise con il governo Draghi di creare il Ministero del turismo, una volta che il Ministro Franceschini aveva avuto la conferma alla cultura, io scrissi subito al Ministro dicendo “i cammini secondo me dobbiamo tenerceli noi”, perché effettivamente dobbiamo capire che strada prendere, ma anche capire che in questo Paese sui cammini noi siamo in una situazione dal mio punto di vista anarchica in modo esagerato per alcuni versi, ma per altri questa “anarchia”, chiamiamola così, ha portato alla formazione di esperienze, di storie concrete, che effettivamente non hanno avuto come esigenza primaria quella di una strutturazione turistica.
Il cammino di San Benedetto ad esempio nasce da un’idea un po’ folle di Simone Finiani, che è stato poi quello che ha ideato il Coast to Coast, e sta funzionando, non ha i numeri della Via degli Dei che appunto è un caso studio, ma funziona, e io conosco i sindaci personalmente, li conoscono uno per uno quasi, e dico che funzionano. Il problema di fondo qual è? Credo sia stata una buona intuizione quella di cominciare a ragionare su questo tema, su questa storia dei cammini, distinguendo tra quelli che possono diventare in modo classico un prodotto turistico e gli altri che hanno finalità diverse e che comunque animano il territorio, ma che nei fatti sono attraversati dalla gente e i Comuni e gli operatori sono contenti. Ci sono esperienze sulla via degli Dei con operatori che ormai hanno preso talmente a cuore quel progetto per cui se lo curano da soli, cioè la manutenzione se la assicurano da soli perché se guardiamo i cosiddetti pellegrini, ossia i viandanti del terzo millennio, sono dei bravissimi “smanettoni”. Se tante volte un cammino pone dei problemi, il pellegrino lo scrive immediatamente, quindi tu puoi mettere le guide che ti pare, puoi fare i pacchetti istituzionali o la Regione metterlo sull’Atlante, ma quando mi dicono “L’Atlante dei cammini sembra la panacea di tutti, io non sto sull’atlante”, c’entra poco, La Via degli Dei non c’era sull’atlante dei cammini. Facciamo una mappatura seria, la riprendiamo in mano, ma la finalizziamo a quel discorso che voi dicevate. Gli altri secondo me è giusto che rimangano di dimensione anche prettamente culturale. Io quindi non andrei a vietare, come si dice, a inibire. Tant’è vero io ho accolto con molto favore, anche con i colleghi della Regione Toscana, con Francesco non ci avevo parlato quando mi hanno detto, che lavora anche sui cammini, Raffaele e gli altri, che la Regione ha deciso, che passeranno diciamo alla cultura come competenza principale, che il presidente li ha attenzionati in modo particolare. Il cammino di Dante è un cammino prettamente culturale, se poi diventerà un pacchetto turistico è un’altra storia perché i cammini hanno secondo me un ruolo incredibile, in termini di rigenerazione e benessere delle persone.
I cammini sono soprattutto un elemento culturale, in cui parlando di cultura ci feriamo anche i principi della Convenzione di Faro, ossia di una rinascita dal basso degli abitanti, dei luoghi che attraverso anche i cammini o la riqualificazione di un borgo, la rigenerazione urbana, riprendono la loro dimensione di parte attiva nel processo culturale, questa è la cosa importante. Questo vuol dire pure lavorare con le scuole, ha ragione Gianluca, in Francia lo fanno da tanti anni, per questo la Francia aveva già vent’anni fa 9 milioni di praticanti del trekking lungo le Grandes Randonnées e fanno le vie verdi a scuola, obbligatorie. C’era una risoluzione del Governo che impegnava due o tre Ministeri a fare in modo che i cammini diventassero anche luoghi di cultura legati alle scuole, in ambito scolastico ed extra scolastico, quindi ecco secondo me questo è un elemento interessante, cioè noi dobbiamo fare in modo che i cammini, se li vogliamo inserire in un prodotto turistico classico, devono fare un certo percorso, per cui ha ragione Tapinassi a dire “Io, come promozione Toscana, non posso mettere dentro qualcosa che non ha alcuni requisiti che noi abbiamo definito”. Dobbiamo arrivare a fare in modo che il camminare, questa dimensione di viaggio lento secondo me è davvero un qualcosa che fa bene al Paese, soprattutto in questo momento, fa bene perché si riconnette con la natura, ti riconnette con una dimensione spirituale.
Una battuta sulla legge: questa legge è sicuramente legata al tema dei cammini come cultura prima di tutto, poi c’è l’intreccio col turismo. Secondo me è un buon testo perché nasce dall’ascolto vero di tutto il mondo dei cammini, questo bisogna ammetterlo. Dunque è una proposta di legge importante su cui si può fare un grosso lavoro, con gli impegni che ha il Parlamento da qui ai prossimi mesi sul PNRR io non so quanto spazio avrà, ma comunque si tratta della prima legge organica che rivede la governance del sistema dei cammini.
Intervento da LuBeC 2021, Convegno “Itinerari, cammini e valorizzazione territoriale: le sfide dei nuovi turismi”