di Enrico Conti, Ricercatore Irpet – Istituto Regionale Programmazione Economica della Toscana
Faccio un’introduzione semplicemente su quella che è la storia della via Francigena: si tratta di un interesse che la Regione Toscana ha avuto già dal 2004 e che si inquadra, come è stato detto più volte, nell’ambito delle politiche comunitarie di promozione degli itinerari culturali europei. Nel 2006 la Toscana assume il ruolo di capofila di questo progetto interregionale di ricostruzione e valorizzazione del percorso insieme a Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna e Lazio. A partire dal 2009 si inizia l’infrastrutturazione del percorso e quindi si cominciano degli investimenti tutti sostanzialmente concentrati sul ripristino fisico, infrastrutturale della camminabilità del percorso, che si concludono nel 2012.
Il nostro primo studio appunto è stato proprio volto a capire se già in quegli anni – perché il nostro studio è stato molto a ridosso del 2012 – se a partire diciamo dall’inizio di questo percorso di nuova infrastrutturazione effettivamente ci fosse stato un effetto positivo in termini di flussi, e non rimane semplicissimo da un punto di vista metodologico questo esercizio.
Noi che cosa abbiamo fatto sostanzialmente per stimare nel 2016 l’impatto in termini di flussi, di investimenti del ripristino della via Francigena? Abbiamo confrontato i 38 Comuni attraversati dal percorso, ne abbiamo esclusi alcuni che avevano una vocazione turistica diversa, ad esempio Siena, Lucca ma anche tutti i Comuni balneari, cioè tutti quei Comuni per i quali evidentemente le dinamiche dei flussi turistici avevano una distorsione possibile importante, ossia lo sviluppo di un prodotto turistico diverso da quello legato al cammino, talmente importante da sporcare qualsiasi tipo di analisi in termini di effetto differenziale della Francigena, e quindi diciamo li abbiamo esclusi nei primi mesi per poi reintrodurli successivamente in termini di risultato finale.
Noi avevamo confrontato la dinamica 2009-2012 su questi 27 Comuni, comparandola con quella di altrettanti Comuni prossimi a questi, non caratterizzati da una vocazione turistica importante che non fosse quella genericamente di un turismo rurale, non molto sviluppato, quindi da tassi anche di presenze su popolazione per chilometro quadro contenuti, che quindi fossero caratterizzati esattamente come quelli della Francigena a meno dell’essere interessati dal percorso.
Il differenziale che avevamo trovato allora di crescita media hanno fra questi ventisette Comuni francigeni, quindi trentotto meno undici sostanzialmente, attraversati dalla Francigena, di trentotto Comuni benchmark, lo vedete questo differenziale fra questo 13,1 e questo 8,6 lo attribuivamo alla Francigena, e tradotto in termini di presenze, dà un risultato nei tre anni di circa 46.000 presenze sui ventisette contenuti nell’analisi, e poi calcolato un differenziale a chilometro e riportato questo differenziale a chilometro anche sui dieci esclusi all’inizio, in termini quindi di passaggio chilometrico nel territorio anche degli altri dieci, si arrivava a circa 64.000 presenze. Questo è un esercizio che noi avevamo fatto e che poi dava adito anche a un impatto economico di oltre 6 milioni in più di spesa e di consumo turistico e quindi poi insieme agli investimenti anche un impatto in termini di valore aggiunto. Che cosa abbiamo fatto invece per l’aggiornamento di questo studio? Abbiamo fatto due analisi diverse e non ci siamo accontentati di ripetere quella metodologia.
Rivedendola dieci anni dopo, questa metodologia aveva un difetto importante: non teneva conto del differenziale di fondo del potenziale della via Francigena che comunque era indipendente dal ripristino del percorso stesso. La Via Francigena parte nel X secolo e ripercorre in parte il percorso della via Cassia, via romana. Lungo di essa nei secoli si sono sviluppati i principali centri urbani dell’intorno di quelle parti della Regione, e naturalmente anche il patrimonio artistico si è concentrato lungo questa via e quindi c’è un potenziale di fondo indipendente dal fatto che poi sia camminabile la via dai pellegrini, ma che riguarda la storia di questo territorio che è molto preesistente agli interventi del 2009 e che naturalmente è preesistente ma anche persistente successivamente.
Quindi noi avevamo la necessità di scontare questo differenziale di fondo di competitività di questi territori attraversati dalla via e quindi lungo questo asse viario storico rispetto ad altri, che forse questa competitività indipendentemente dal ripristino del percorso non ce l’avevano. Questo noi l’abbiamo fatto calcolando il rapporto fra le crescite dei territori analizzati e i territori benchmark, cioè gli altri 38 Comuni non attraversati, nel decennio precedente, e quello rappresentava quel differenziale di fondo.
Lo abbiamo diciamo proiettato nel decennio successivo e lo abbiamo confrontato in realtà con lo stesso rapporto che in realtà abbiamo osservato. Che cosa è successo? Il differenziale tra ciò che è successo davvero e diciamo questo differenziale di fondo osservato nel decennio precedente, quando l’intervento non era stato fatto, ci ha permesso di scontare questo differenziale di fondo e di andare a rintracciare effettivamente il differenziale legato proprio al ripristino della via Francigena stessa. E devo dire che i risultati, io non entro nei tecnicismi, sono interessanti perché ci restituiscono appunto un quadro dell’attrattività della via, che nell’ultimo anno ci dà circa 91.000 presenze in più nel 2019 e nel complesso del decennio circa 439.000 presenze in più nei 27 Comuni, che riportati a tutti i 38 Comuni attraversati con lo stesso metodo diciamo del differenziale a chilometro, di attraversamento della Francigena, ci restituisce circa 613.000 presenze in più.
Diciamo che è evidente che rispetto a quello che è 613.000 in dieci anni, quindi sono circa una media di 60.000 l’anno, in una Regione che fa 48 milioni di presenze turistiche nel 2019, è chiaro che è un impatto limitato, ma lì naturalmente interviene che cosa?
Il ragionamento che faceva Federico Eligi, e cioè da che cosa sarebbero caratterizzati questi territori in termini di flussi turistici e attrattività turistica? Si tratta di aree interne evidentemente spesso caratterizzate anche da fenomeni di spopolamento e per le quali anche un flusso marginale in più – perché qui si parla di un flusso in più determinato dalla Francigena – può rappresentare evidentemente una spinta a restare, di un servizio che serve anche alla residenza e quindi ad alimentare il tessuto economico. Sono 60.000 in media l’anno, sono 91.000 adesso. Se noi proiettiamo questo differenziale nel tempo, possiamo trovare anche i numeri maggiori, ma il punto vero è: come abbiamo ottenuto questo risultato? Ammesso che abbiamo colto il differenziale di fondo per altri risultati sono molto coerenti con quelle 46.000 in tre anni dell’inizio, quindi insomma i risultati si parlano, anche se le metodologie sono cambiate un po’ nel tempo, quindi non si parla di scale così diverse, e questo ci rassicura.
Ma il punto vero è che noi, al di là dell’infrastruttura, non abbiamo fatto politica di sviluppo del prodotto turistico, cioè noi stiamo valutando una baseline, quello che noi osserviamo oggi è uno scenario di baseline, non certamente uno scenario nel quale si valutano politiche a tutto tondo di promozione del prodotto. Cioè quasi un successo se mi si dice la Via degli Dei sono 15.000, qui si dice 91.000, è chiaro che se lo dividiamo per i chilometri probabilmente la via degli Dei rimane un successo superiore a quello della Francigena, sarà interessante anche valutarlo, però tuttavia sono numeri non così irrilevanti. Naturalmente è un esercizio di tipo descrittivo.
Un altro esercizio interessante, invece forse per certi versi anche più interessante, è quello invece di geo riferire le singole strutture ricettive della Toscana, e quindi di valutarne la distanza dal percorso, scegliere come abbiamo fatto alcune fasce che ragionevolmente hanno a che vedere con un possibile effetto della Francigena in relazione anche alle modalità con cui questa viene attraversata e vedere come sono andate le presenze nelle strutture per ciascuna fascia di distanza dalla Francigena stessa. Dunque abbiamo sei fasce di distanza: le strutture prossime al percorso, cioè quelle a meno di 1.000 metri dal sentiero, quelle raggiunte dal pellegrino vero, quello che cammina sul sentiero e poi cerca una struttura raggiungibile nel più breve tempo possibile.
Le strutture poco distanti, raggiungibili facilmente a piedi, quelle situate entro i 5 chilometri dal sentiero. Le strutture tra i 5 e 10 chilometri, potenzialmente anche queste influenzabili da spillover e poi strutture tra 10 e 20 chilometri, per le quali immaginare un effetto diretto non è così semplice, anzi forse possiamo immaginare un eventuale anche effetto di spiazzamento, che poi sarà interessante andare a valutare. Infine le strutture oltre i 40 chilometri.
È interessante apprezzare i risultati, vedete le fasce: vedete il percorso della Francigena, il verde sono le prime due fasce, la terza fascia, quella tra 1 e 5 chilometri, è quella del giallino più chiaro, la quarta fascia è quella del giallo chiaro. Le prime tre sono in verde, non tutto il verde si vede, ma insomma i risultati sono interessanti. Abbiamo una funzione monotonica decrescente dell’aumento delle presenze, degli arrivi e delle strutture ricettive. Entro un chilometro dalla Francigena tra il 2010 e il 2019 le presenze e gli arrivi sono aumentati dell’88%, tra 1 e 5 chilometri del 63%, tra 5 e 10 chilometri del 52% e poi c’è questo crollo importante tra i 10 e 20 chilometri e si passa dal 52 al 30%.
Un importante differenziale c’è anche fra la prima e la seconda fascia, 88-63. Comunque si tratta, vedete la media Toscana +30%, di risultati assolutamente superiori alla media toscana. Ora questo messaggio che arriva molto forte da questa diapositiva naturalmente deve essere come dire ricalibrato, perché qui io non ho scontato per l’appunto quel differenziale che ho scontato con l’altro metodo. Cosa è successo nel decennio precedente? C’è un differenziale di fondo che la concentrazione di opere d’arte, di connettività, di accessibilità, che la vecchia via Francigena ha portato e che è indipendente dal ripristino del percorso, ossia c’è qui dentro anche un differenziale di fondo che noi abbiamo scontato con l’altro metodo e quindi a noi come ricercatore l’altro metodo ci restituisce un messaggio più chiaro, più limpido, più netto.
Entro un secondo nel dibattito per dire semplicemente: io non so dove debba stare il termine dal punto di vista del Ministero diciamo, se dei beni culturali o del turismo, penso che dobbiamo lavorare insieme perché il nostro turismo in Toscana è legato ai beni culturali e quindi noi non possiamo non immaginare di far collaborare la nostra Pubblica amministrazione per i fini a cui questa è preposta, cioè quindi anche lo sviluppo economico. L’obiettivo è quello di costruire dei prodotti turistici coerenti con quel tipo di vocazione.
Qui non siamo andati a rintracciare il pellegrino in quanto tale, sono molto d’accordo con quello che diceva Eligi, quando diceva senza pellegrino l’appeal della via perde sicuramente qualcosa, ma è altrettanto vero che i numeri – come diceva Francesco Tapinassi – li fanno i turisti che poi la via la percorrono per 2 o 3 chilometri. Io ho amici che a 50, 60 anni si organizzano da soli con un pulmino che prende gli zaini e li porta dall’inizio alla fine della tappa, in una tappa intermedia gli porta i panini, chi è stanco sale sul pulmino, eccetera eccetera.
Costruire un prodotto turistico corrente significa innanzitutto accessibilità, servizi e appunto anche un’offerta culturale e spettacolare mi vien da dire coerente rispetto a quanto non solo il pellegrino, ma il turista esperienziale più generalmente inteso cerca quando va ed è attratto dalla Francigena perché poi alla fine è la somma che fa il totale, quindi sicuramente non snaturare il prodotto turistico cammino, però organizzare anche tutto quello che di buono ci può essere intorno. Bisogna pensare che comunque il margine di sostenibilità che ancora abbiamo in tanti di questi territori in termini di sviluppo turistico, senza incontrare quei problemi di congestionamento che invece osserviamo nelle grandi mete del turismo di massa, è ancora ampio, dunque secondo me abbiamo molto da lavorare ecco.
Intervento da LuBeC 2021, Convegno “Itinerari, cammini e valorizzazione territoriale: le sfide dei nuovi turismi”